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L'Economia che assoggetta le politiche degli Stati |
Assistiamo ad
una crisi profonda economica che coinvolge i mercati, gli stati, ma soprattutto
le collettività.
Si paga oggi
un’irrazionale corsa al capitalismo sfrenato, che non guarda a regole, che le
supera senza timore di creare nuove povertà,un continuo inseguire della
ricchezza per altra ricchezza, un mercato avido di se stesso.
La regola
sembra quella della ricchezza a tutti i costi, dell’autoconservazione di se stessa.
Il mercato
sembra avere una propria vita,non segue una coscienza legata ai bisogni della
cittadinanza, convive con i governi, una determinata scelta politica ne
scaturisce una risposta dai mercati, è assodato che Stato e Mercato finanziario
hanno un feeling stretto e costante.
Vada bene che
a una buona politica può corrispondere una buona economia, ciò significherebbe,
agevolare e fare l’interesse della collettività, guardandola come prima
fruitrice delle proprie scelte in campo politico-economico.
Il problema,
oggi, è che questa attenzione non c’è, anzi è il mercato che guida e influenza
le scelte politiche, ovviamente a scapito della moltitudine dei cittadini del
mondo.
Noi non
eleggiamo i nostri rappresentanti politici, bensì coloro che saranno i primi
logori servitori di un sistema prettamente incentrato alla salvaguardia delle
politiche-economiche internazionali.
E’ altresì
drammatico come un governo si vuole quasi giustificare nelle proprie scelte,
dicendo di operare oggi in un determinato modo per proiettare i benefici a
lungo termine, questa è una giustificazione che non possiamo più accettare,
perché nel medio/lungo termine, c’è la povertà che avanza e con essa la
disperazione.
Eppure,stretta di mano dopo
un’altra tra i potenti del mondo sembrano che gli unici a festeggiare sono solo
i grossi capitali/capitalisti, sembra quasi che le regole fredde e crude del
mercato le debbano solamente pagare chi già in difficoltà.
La crisi è a cascata, gli stati
non garantiscono leggi a salvaguardare le imprese, soprattutto le piccole-medie
imprese, di conseguenza le stesse fanno fatica a reggere il passo del mercato
attuale e tutto questo si riversa sui lavoratori, molti alle volte laureati che
svolgono mansioni umili e che non seguono il loro percorso formativo, in altri
casi operai altamente specializzati messi in cassa integrazione per le imprese che
chiudono.
Allora mi chiedo come un
Economia senza scrupoli ed una classe dirigente politica senza coscienza possa
ancora perpetrare un liberismo soffocante.
Da questo sistema infetto e
malato ne pagano le conseguenze le collettività, non lo stato o l’economia.
Tutto volto alla tutela del
Totem economico liberale sfrenato, senza
concorrenza alcuna che possa mitigare scelte errate, il mercato vigila sul
mercato stesso.
Servirebbe
invece un’economia che viene regolata dalle regole imposte dallo stato, e non
viceversa.
Purtroppo
questa sensibilità non la possiamo richiedere alla nostra politica che corrotta
nel modo di farsi opprimere dalle richieste del mercato finanziario europeo e
globale, è incapace di sviluppare provvedimenti utili alla salvaguardia del
proprio mercato interno.
Che
sia chiaro, il sistema liberale non va demonizzato,è la sua deviazione e
degenerazione il risultato devastante della criticità attuale.
Vi
è una sorte di mancato coraggio dei governi ad essere più autonomi nel campo
decisionale-economico, che consenta alle
realtà lavorative in seno al proprio territorio di ricevere un po’ di
respiro.
Quando
si accusa l’economia di essere prepotente ed esigente, è perché non si ha più
la cognizione che un sistema sociale si basa su una compresenza e
complementarietà di diverse realtà che operano indistintamente seguendo delle
regole, e che se più equilibrate per tutti aprono le porte ad un mercato più
equo e concorrenziale.
Una
Coscienza significherebbe avere uno sguardo proiettato al futuro, misure
urgenti significherebbe aiutare adesso l’economia interna, facendo adeguare il
passo dell’economia globale.
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